Zoottica – come vedono gli animali?

Cosa vuol dire “Zoottica”? È una strana parola composta da “zoo” e “ottica”: lo zoo saprai sicuramente cos’è e l’ottica è una materia che si occupa di studiare i fenomeni ottici, quelli legati al comportamento e alle proprietà della luce.

Uno dei nostri sensi si basa sulla luce, quale potrebbe essere? Esatto, la vista! Infatti, questo libro racconta come funziona la vista in diverse specie animali, insegnandoci che il gatto dovrebbe portare gli occhiali e molte altre curiosità che non vedrete l’ora di scoprire.

Iniziamo col dire che alcune specie vedono molto bene, mentre altre hanno una vista davvero strana e, a volte, con qualche limite: alcuni animali vi stupiranno davvero per le loro strane caratteristiche! Gli scienziati, curiosi di capire come funziona la vista, hanno fatto migliaia di esperimenti per scoprire i meccanismi alla base della visione animale, ma ancora oggi tante cose restano un mistero.

La vista è uno dei sensi su cui noi essere umani ci basiamo di più e lo stesso vale per molti animali. Non tutte le specie vedono allo stesso modo: le differenze dipendono dalla percezione di luce e colori, dalla posizione degli occhi sulla testa, dalla capacità di rilevare il movimento e di vedere i dettagli. L’occhio è una macchina fotografica naturale, ma è importante sapere che è solo grazie al cervello che le informazioni raccolte dalla retina, cioè la membrana che percepisce la luce, vengono decifrate e comprese.

Ci sono tante leggende metropolitane e storie divertenti sulle capacità visive degli animali: il gatto vede al buio? Il pipistrello potrebbe volare bendato? L’aquila ha davvero la “supervista”? Perché gli occhi del camaleonte si spostano in direzioni diverse? Quanti occhi hanno le api? Queste e molte altre domande troveranno risposta tra le pagine del libro, che ci permette di guardare lo stesso paesaggio attraverso gli occhi di 20 animali diversi, dai mammiferi agli insetti, e di confrontare le loro (e le nostre) capacità visive.

Su ciascuna pagina c’è un animale in primo piano (a volte anche due) e, alzando una finestrella, si potrà scoprire come vede il paesaggio quell’animale, quali spiegazioni scientifiche sono state date fino ad ora o, perlomeno, quello che si pensa che essi vedano stando alle poche informazioni disponibili. Un viaggio attraverso tanti occhi per comprendere che il mondo non è uguale per tutti gli animali… e soprattutto per scoprire perché il gatto dovrebbe portare gli occhiali!

“Zoottica – Come vedono gli animali?” di Guillaume Duprat è un libro pubblicato da Ippocampo Editore e adatto a bimbi e ragazzi dai 7 anni in su.

COSE CHE NON SAI DI VOLER SAPERE:

I cani, adorabili animali da compagnia, hanno ereditato dai loro antenati lupi un ottimo senso dell’odorato (tra i più potenti di tutto il regno animale!) e un udito sviluppatissimo in grado di percepire suoni che noi non siamo in grado di sentire. Sulla vista sono un po’ più sfortunati perché, ahimè, vedono i contorni meno definiti e sono pure daltonici!

Come facciamo a riconoscere gli oggetti?

Intervista a… MATTEO MANZATI!

Osserva questa fotografia: sai dire di che oggetto si tratta?

Lo riconosci anche da questa angolazione?

Che animale c’è in questa foto?

E qui, tutto al buio?

Nelle prime due immagini è raffigurato un libro. Nelle ultime due c’è un gatto. Sei riuscito a riconoscerli? È stato facile o hai dovuto pensarci su?

Se non hai avuto grandi difficoltà e hai trovato la risposta in un batter d’occhio, il motivo sta in un meccanismo molto particolare presente nel nostro cervello che si chiama riconoscimento invariante.

Per saperne di più su come funziona il riconoscimento invariante, abbiamo chiesto aiuto a Matteo Manzati, scienziato della SISSA di Trieste che si occupa di neurobiologia.

Gli occhi del cervello

“Il riconoscimento invariante è la capacità del nostro cervello che ci permette di interpretare e rielaborare ciò che vediamo”, spiega Matteo, “e lo fa indipendentemente dal modo in cui le cose si presentano ai nostri occhi”.

Per esempio, ci fa riconoscere un libro anche se è storto, al buio o controsole; se lo vediamo di fronte ma anche se è di profilo, se è grande o piccolo; se si trova chiuso e sistemato in libreria oppure aperto sul divano, quando è da solo e quando è circondato da altri oggetti.

Insomma, con il riconoscimento invariante non è importante il contesto, la dimensione, l’orientamento o la luminosità delle cose che abbiamo davanti. Il nostro sistema visivo è comunque in grado di riconoscerle. E lo fa senza troppi sforzi.

In viaggio nel sistema nervoso

Ogni volta che vediamo un oggetto, gli stimoli ricevuti dai nostri occhi fanno un lungo percorso nel corpo fino ad arrivare nel cervello, dove l’immagine viene percepita in modo cosciente.

“In questo lungo percorso”, racconta Matteo, “quasi alla fine, dentro al cervello, c’è un particolare tipo di cellule, chiamate cellule complesse, che sembra essere coinvolto nel riconoscimento invariante” continua Matteo.

Le cellule complesse fanno parte di un tipo di cellule molto speciali presenti nel sistema nervoso: i neuroni. Il compito dei neuroni è ricevere le informazioni dall’ambiente esterno, trasmetterle all’interno del corpo e rielaborarle in una risposta.

La loro forma assomiglia un po’ agli alberi: c’è una parte centrale piatta che riceve i segnali, o gli impulsi, e una parte allungata simile ai rami che trasmette gli impulsi a un’altra cellula.

Una rete di informazioni

Tutti assieme, i neuroni formano una grande rete di informazioni che funziona come un circuito elettrico: al posto degli interruttori ci sono gli impulsi e al posto dei fili di metallo ci sono cellule fatte di acqua salata e grasso.

“Per studiare i neuroni in laboratorio ci sono tantissime tecniche”, precisa Matteo. “Quella che uso io è molto particolare e mi permette di analizzare le cellule una a una e capire che cosa succede in ciascuna di esse quando arriva lo stimolo dagli occhi. Questa tecnica ha un nome inglese e si chiama Patch Clamp”.

È come fare un puzzle

Il riconoscimento invariante è un processo molto complesso. Le informazioni che si ottengono grazie al Patch Clamp sono come il pezzo di un puzzle: solo unendolo a tanti altri pezzi, e quindi a tante altre informazioni ottenute da tecniche diverse, gli scienziati potranno costruire il quadro completo di come il nostro cervello è in grado di riconoscere gli oggetti.


Nome: Matteo Manzati
Anni: 26
Sono nato a: Brescia
Adesso vivo a: Trieste
Lavoro: alla SISSA dove sto facendo un dottorato in neurobiologia
Mi piace: leggere fumetti, fare speleologia urbana, nuotare
Il mio sogno nel cassetto è: fare un’escursione nei posti giganti degli Stati Uniti

Mi piace essere uno scienziato perché: mi dà la possibilità di studiare cose molto complicate per capire come funziona il mondo.