A ciascuno il suo cervello

INTERVISTA A… CARMEN FALCONE!

Il cervello dei mammiferi varia tantissimo da specie a specie. Per esempio, se guardiamo alle dimensioni, più un mammifero è grande, più sarà grande il suo cervello.

Dimensione del cervello di alcuni mammiferi. Dall’alto al basso: ratto, gatto, essere umano, scimpanzè, delfino. Immagine: Wikimedia Commons

Infatti, come mostra l’immagine, il cervello del delfino è più grande di quello dello scimpanzé che a sua volta è più grande di quello del topo.

Ma le differenze non riguardano solo le dimensioni!
I neuroscienziati che si occupano di studiare il cervello considerano anche la forma, la complessità e la struttura interna. Carmen Falcone è una neuroscienziata della SISSA che confronta i cervelli di vari animali e studia le differenze che ci sono a livello di un particolare tipo di cellule, gli astrociti.

Le star del cervello

Gli astrociti sono le cellule che offrono supporto e danno nutrimento ai neuroni, gli abitanti  più famosi del cervello. “Il nome astrociti è dovuto al fatto che queste cellule somigliano a delle stelline”, racconta Carmen. “In laboratorio vogliamo vedere come nascono, crescono, si sviluppano e come assumono diversi aspetti nei vari animali”.

Lo scopo finale della ricerca di Carmen è capire se i primati, quindi anche l’uomo, hanno degli astrociti più complessi o più numerosi rispetto agli altri mammiferi.

Cervelli da tutto il mondo

Per fare i suoi studi, Carmen ha chiesto aiuto a dei collaboratori sparsi in tutto il mondo.

“Esistono banche che conservano i cervelli degli animali morti”, continua Carmen. “Molti arrivano dagli zoo, altri sono stati recuperati nell’ambiente naturale dai ranger o altri addetti. Ogni scienziato può fare richiesta di avere un pezzettino di questi cervelli per i suoi studi. Alla fine ne abbiamo raccolti circa 50”.

Quando arrivano in laboratorio da Carmen, i pezzettini di cervello vengono opportunamente trattati, colorati e osservati al microscopio.

Come in una torta multistrato

“Se tagliamo il cervello”, ci spiega Carmen, “possiamo vedere che la parte esterna è organizzata in strati”, un po’ come le torte di pan di spagna.

“A guardarli bene, se ne possono distinguere ben sei, di strati. In quello più esterno, ci sono astrociti dalla forma un po’ particolare, con una parte centrale simile a una piccola pallina e delle lunghe braccia che si spingono in profondità e attraversano gli altri strati”.

Carmen e i suoi colleghi stanno cercando di capire qual è la funzione di questi astrociti più strani. La cosa curiosa è che fino a poco tempo fa si pensava che fossero tipici dei primati mentre gli studi in cui è coinvolta Carmen hanno dimostrato che gli astrociti dalle braccia lunghe sono presenti in tutti i mammiferi, anche se in forme leggermente diverse.

“Il nostro cervello è sicuramente speciale, ma forse non così speciale come pensavamo!” conclude Carmen.


Nome: Carmen Falcone
Anni: 31
Sono nata a: Nocera Inferiore (SA)
Vivo a: Davis (California, Stati Uniti)
Lavoro: all’Università della California, negli Stati Uniti
Alla Sissa ho fatto: un dottorato nel campo delle neuroscienze
Mi piace: giocare a pallavolo, stare in compagnia degli amici, viaggiare, il mare
Il mio sogno nel cassetto è: usare la scienza per aiutare gli immigrati a integrarsi in Italia. È un tema che mi sta a cuore, qui negli Stati Uniti sto aiutando altri scienziati come me a prendere la cittadinanza.
Mi piace essere una scienziata perché: è un ambiente collaborativo, mi dà la possibilità di andare a conferenze dall’altra parte del mondo e incontrare persone che studiano cose simili alle mie.


Quanto traffico c’è all’interno del nostro corpo?

Intervista a… SARA LAPORTE!

Tutti i componenti del nostro corpo e delle nostre cellule sono capaci di muoversi, chi più chi meno.

Non è un movimento facile da vedere, come quello del pallone mentre giochiamo con gli amici, perché è talmente piccolo che a volte nemmeno il microscopio può essere d’aiuto.

La scienziata che abbiamo intervistato oggi studia proprio il movimento delle cellule. Si chiama Sara Laporte e lavora nel laboratorio di biofisica della SISSA.

Sara non si occupa di tutte le cellule, ma solo di quelle difettose, cioè di quelle che, quando sfuggono al sistema di controllo, possono impedire al nostro corpo di funzionare normalmente e causare lo sviluppo di malattie.

Malattie che si diffondono velocemente

“Studio una malattia specifica”, precisa Sara, “che si chiama glioblastoma ed è un tumore che colpisce le cellule del nostro cervello”.

Le cellule di un tumore sono cellule che hanno subìto un danno e non si comportano più come le cellule normali. Per esempio, le cellule normali seguono regole abbastanza precise quando crescono e si moltiplicano; e, quando vengono danneggiate o invecchiano, di solito muoiono.

Le cellule dei tumori, invece, si dice che sono “impazzite” perché non seguono più regole e, quando subiscono un danno, invece di morire, sopravvivono, si moltiplicano e vanno in giro nel nostro corpo a creare altri danni.

“Le cellule difettose del glioblastoma si muovono tantissimo”, ci racconta Sara, “e finiscono per colonizzare molto presto tutto il cervello. Vanno fermate! In laboratorio cerco di capire come. L’obiettivo è trovare dei farmaci capaci di bloccare in qualche modo il meccanismo con cui queste cellule si spostano”.

La biologia incontra il computer

In laboratorio, Sara non usa cellule vive e farmaci già esistenti, ma fa quello che si chiama una simulazione al computer. In altre parole, Sara usa il computer e una serie di regole prestabilite per creare delle cellule virtuali e dei farmaci virtuali e per vedere cosa succederebbe se i due entrassero in contatto l’uno con l’altro. Il risultato che gli scienziati si augurano è trovare un farmaco che impedisca alle cellule tumorali di spostarsi nel cervello.

Prima di dare la risposta finale, il computer fa tutta una serie di calcoli complicati e lunghi che non sarebbe possibile fare con carta e penna.

“Il computer è molto utile”, ammette Sara, “ma dobbiamo stare attenti a dare le regole giuste, a testare farmaci realizzabili nella realtà e non campati in aria, e a riprodurre nel modo più corretto possibile il funzionamento delle cellule”.

Cellule al cinema

“Per rendere la simulazione più facile e precisa” ci racconta Sara, “non studio tutta la cellula tumorale ma solo un suo componente. Si chiama arp 2/3 ed è una proteina coinvolta nell’inizio del movimento”, quando la cellula cambia forma per allungarsi in una certa direzione.

“Quando disegniamo arp2/3 al computer”, spiega Sara, “cerchiamo di renderla il più simile possibile a quella reale… anche se in verità non conosciamo del tutto la sua forma e la sua struttura. Poi aggiungiamo un farmaco, scelto tra quelli che conosciamo già oppure uno del tutto nuovo; e vediamo se e come si muove arp2/3 in risposta al farmaco. In pratica è come guardare un film!”.


Nome: Sara Laporte
Anni: 31
Sono nata a: Courbevoie (Francia)
Adesso vivo a: Trieste
Lavoro: alla SISSA e al CNR IOM, dove sto facendo un post doc in biofisica

Mi piace: suonare le percussioni brasiliane
Il mio sogno nel cassetto è: andare nello spazio
Mi piace essere una scienziata perché: mi diverto, sono curiosa e voglio sapere come funzionano le cose.